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Lo Zafferano è un ottimo ingrediente in cucina e per la salute.

Ricavato dai fiori di una pianta erbacea perenne originaria dell’Asia chiamata Crocus sativus, lo zafferano è fra le spezie con più effetti positivi sulla salute. Senza dubbio, nel nostro Paese è utilizzata soprattutto per la preparazione del tradizionale risotto giallo. In realtà, però, si presta anche ad altri numerosi (e gustosi) impieghi in cucina.

Lo zafferano è una spezia al cui interno sono presenti numerosi principi attivi. Tra i più importanti ci sono quelli con un effetto antiossidante. Un’azione del genere contribuisce a ridurre gli effetti negativi che i radicali liberi hanno sul metabolismo e di essa ne giovano numerosi organi. Siccome i radicali liberi e lo stress ossidativo ricoprono un ruolo importante nella regolazione dei principali meccanismi di neurodegenerazione, l’azione antiossidante dello zafferano può rivelarsi preziosa anche per le persone che soffrono di alcuni disturbi neurologici. Sono infatti diverse le ricerche scientifiche che mostrano che questa spezia comporta benefici per chi soffre di ansia, riducendo i livelli di stress, aumentando il tono dell’umore e migliorando la qualità del sonno. Altri studi mostrano poi che lo zafferano è d’aiuto anche in caso di depressione, compresa quella post partum. Ulteriori ricerche mettono in evidenza che tale sostanza ha effetti positivi sulla memoria e sull’efficienza dei circuiti cerebrali, contrastando il declino cognitivo delle persone con la malattia di Alzheimer. “Queste proprietà emergono da lavori che hanno utilizzato le componenti dello zafferano come integratori. Lo zafferano alimentare che possiamo usare ogni giorno in cucina non va considerato come un sostituto dei farmaci che si usano per curare tali malattie, ma solo come un aiuto in più” sottolinea la dottoressa Viviana Vecchio, biologa nutrizionista del CDI (Centro Diagnostico Italiano) di Milano.

Nello sviluppo dei disturbi neurodegenerativi gioca un ruolo anche l’infiammazione, che questa spezia contribuisce a ridurre. Da alcune ricerche emerge che lo zafferano migliora le condizioni di chi soffre di ulcera gastrica e di sindrome dell’intestino irritabile. I componenti bioattivi dello zafferano hanno anche un impatto positivo sulla glicemia. In particolare, favorisce il miglioramento di questo parametro a digiuno, del valore dell’insulina presente nel sangue e dei livelli di emoglobina glicata. Inoltre, influisce positivamente sulla sensibilità insulinica. Questa spezia contribuisce poi a migliorare il rapporto tra colesterolo Ldl, quello “cattivo”, e Hdl, quello “buono”, abbassando anche le concentrazioni di trigliceridi. Sembra inoltre che lo zafferano aiuti a tenere sotto controllo la pressione arteriosa. “Alla luce di tali effetti, questa spezia può risultare una preziosa alleata soprattutto delle persone che soffrono di diabete. Non va però considerata come una sostanza miracolosa, in quanto i suoi effetti positivi si manifestano soltanto se è inserita all’interno di un regime alimentare che nel suo complesso aiuti ad abbassare i livelli della glicemia” precisa la dottoressa Vecchio. Non bisogna dimenticare che lo zafferano ha anche proprietà digestive.

 

In cucina lo zafferano è un ingrediente molto versatile, che si può usare in tutti i pasti della giornata e il cui sapore può aiutare a ridurre l’uso di sale e di zucchero. Per esempio, a colazione si può mangiare uno yogurt con frutta fresca, semi di lino e di zucca e questa spezia. Per lo spuntino di metà mattina o per la merenda pomeridiana si può invece preparare un centrifugato a base di zafferano, aggiungendo anche mele, sedano e cetrioli. Se come primo piatto può essere servito il classico risotto, come secondi si può optare per un branzino marinato allo zafferano o per del vitello, da adagiare su un letto di porri fondenti allo zafferano: entrambi i secondi possono essere accompagnati da un contorno di verdure. “Come tutti i principi attivi, lo zafferano ha una dose che diventa tossica e una dose considerata sicura. Dalla letteratura scientifica attualmente emerge che questi valori siano rappresentati, rispettivamente, da un valore pari o superiore a 5 grammi al giorno e da un valore massimo pari a 1,5 grammi al giorno, difficilmente raggiungibili in cucina” conclude la dottoressa Vecchio.

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